Per donazione indiretta
si intende quella effettuata, per spirito di liberalità, da un soggetto che
arricchisce un altro soggetto attraverso l'uso indiretto di un atto che di per
sé non è qualificabile come donazione.
Le principali ipotesi di
donazione indiretta sono rappresentate, ad esempio, dal contratto a favore di
terzo, dall’adempimento del terzo, dal comodato gratuito e dall’intestazione di
beni in nome altrui; ipotesi quindi in cui il beneficiario finale della
disposizione è un soggetto diverso da quello che ha assunto l’impegno (ed il
relativo onere) ovvero – come nel caso del comodato – in cui il beneficiario
non è titolare di una controprestazione di carattere economico.
Particolare attenzione a
questa categoria di liberalità non donativa è stata posta dal diritto
tributario a seguito della entrata in vigore della legge n.342 del 2000 e,
successivamente, in conseguenza dell’emanazione dalle regole di tracciabilità
dei pagamenti introdotte con il D.L. n.223 del 2006.
L'esempio applicativo di
maggior rilievo nella prassi riguarda l'acquisto di un bene immobile da parte
del figlio con il pagamento del prezzo effettuato dai genitori.
In questi casi la domanda
più frequente è se far emergere o meno in sede di atto notarile il pagamento
effettuato con denaro dei genitori (la liberalità indiretta appunto) e quali
siano le conseguenze di tale scelta.
In primo luogo può senza
dubbio precisarsi che l'evidenziazione di tale liberalità indiretta nell'atto
notarile di acquisto appare di sicuro interesse nell’ottica di una corretta
pianificazione di beni e delle risorse familiari e per privare di veli o
schermature gli spostamenti patrimoniali familiari.
Le finalità sopra esposte
risultano tra i principali obiettivi perseguiti anche dal legislatore fiscale il
quale, proprio al fine di promuovere quanto più possibile l'emersione di tali
liberalità indirette e per garantire la trasparenza negli scambi commerciali, ha
espressamente previsto in tali ipotesi la completa inapplicabilità dell'imposta
di donazione su questi atti.
Il quadro normativo di riferimento
Benché il legislatore non
menzioni direttamente le liberalità indirette, il quadro normativo di
riferimento, in materia di imposte indirette sugli affari, è attualmente dato
dal combinato disposto del D.L. 262/06 e del D.lgs. n. 346/90 ove viene fatto
riferimento ai "trasferimenti a titolo gratuito" così abbracciando
potenzialmente ogni forma di liberalità (compresa quella indiretta).
Neppure in diritto
tributario viene fornita una vera e propria nozione di liberalità non donativa,
conseguentemente si rende necessario attingere alle diverse dottrine
sviluppatesi a tale proposito nel diritto civile al fine di individuare quale
sia la causa del negozio giuridico posto in essere e quando la tipologia di
atto posto in essere sia assoggettabile o meno all'imposta di donazione.
La tesi preferibile (cd. del
collegamento negoziale) sembra essere quella che afferma l'esistenza, nella
donazione indiretta, non di un unico negozio ma di due negozi diversi tra loro
collegati: chi compie un indiretto non vuole altro che realizzare, seppure
attraverso un particolare procedimento, il risultato finale; deve ricorrere un
negozio-mezzo, il cui effetto tipico è utilizzato per conseguire il risultato
ulteriore dell’arricchimento del beneficiario.
Per affermare l'assoggettabilità
dell’atto o negozio giuridico posto in essere all'imposta della donazione
indiretta è necessario individuare un "trasferimento di beni e
diritti" che da essa derivi; invece, proprio per la sua caratteristica di
fenomeno "indiretto", l'effetto traslativo è frutto solamente del
“negozio-mezzo” e non del “negozio-fine"
In altre parole, poiché
la donazione indiretta non discende da un trasferimento di beni e diritti, essa
resta fuori dalla portata della previsione tributaria in esame e non è
assoggettabile all'imposta di donazione.
Inoltre, si deve
considerare che, se redatto per iscritto, il “negozio-mezzo” è comunque un atto
soggetto a registrazione diverso dalla donazione e quindi assoggettato
all'imposta indiretta sugli affari (registro o iva).
Risultano, invece,
imponibili le donazioni indirette risultanti da atti di trasferimento non
aventi per oggetto immobili ed aziende.
Atti ricognitivi o di
accertamento della liberalità indiretta
Da ultimo appare utile
spendere alcune parole con riferimento agli atti di ricognizione o di
accertamento con i quali le parti intendano dare evidenza della liberalità
indiretta effettuata in un precedente atto o negozio.
Si pensi sempre all’ipotesi
di trasferimento di immobile acquistato da un soggetto con denaro proveniente
dai di lui genitori senza che di ne sia dato evidenza e della successiva volontà
delle parti di far emergere – ad esempio per finalità successorie – la suddetta
liberalità.
Va a tale proposito
sottolineato che anche l'evidenziazione effettuata mediante dichiarazione resa da
una o entrambe le parti con apposito atto scritto nel quale venga dichiarata
l'esistenza della donazione indiretta collegata ad un precedente trasferimento
immobiliare soggetto ad iva o ad imposta di registro, avendo le medesime
caratteristiche e requisiti fissati dalla legge per la non imponibilità ad
autonoma tassazione, non sarà assoggettata ad imposizione fiscale. Ciò in
quanto l’atto di accertamento ha proprio finalità di evidenziare il
collegamento esistente tra liberalità indiretta ed atto traslativo posto in
essere in precedenza.
E’ infine da
segnalare che secondo l’opinione maggiormente diffusa non è soggetto ad imposta
di donazione l'accertamento da parte del fisco di una donazione indiretta,
anche se questo risulti da scrittura privata (e quindi non soggetta a
registrazione, ma avente collegamento con l’atto conseguente la liberalità indiretta).
Nessun commento:
Posta un commento