giovedì 5 luglio 2012

Il testamento posteriore



L'art. 682 del codice civile dispone che "il testamento posteriore, il quale non revoca in modo espresso i precedenti, annulla in questi solo le disposizioni che sono con esso incompatibili".

Si tratta di un esempio di revoca tacita del testamento che ricordiamo essere uno degli elementi che lo caratterizzano; non si può in alcun modo rinunziare alla facoltà di revocare o mutare le disposizioni testamentarie: ogni clausola o condizione contraria non ha effetto (art.679 c.c.).

La fattispecie ricorre quando un testamento successivo non revoca espressamente il precedente, ad esempio quando in un primo testamento vengono disposti alcuni legati ed in un secondo successivo viene istitutito un erede.  In questo caso il testamento posteriore va coordinato con il testamento anteriore allo scopo di salvare, per quanto possibile, le volontà del de cuius compatibili. Nel nostro esempio possono sicuramente coesistere sia i legati che l'erede quindi sono fatte salve le disposizioni di entrambi i testamenti.

Per valutare la compatibilità o meno delle disposizioni contenute in testamenti successivi si può utilizzare un duplice criterio interpretativo: quello della incompatibilità oggettiva e quello della incompatibilità soggettiva (o intenzionale).

Il primo ricorre quando esiste una impossibilità materiale di contemporanea esecuzione delle disposizioni contenute in successivi testamenti, ad esempio quando in due testamenti viene lasciato il medesimo bene a due soggetti diversi.
Il secondo sussiste quando, esclusa la materiale incompabilità tra le disposizioni, dal contenuto del testamento successivo emerga ragionevolmente la volontà del testatore di revocare in tutto o in parte il testamento precedente; ad esempio quando in un primo testamento venga coperto l'intero asse ereditario mediante una serie di legati e nel successivo invece si prevede un erede universale per tutto il patrimonio.

La norma in esame rappresenta una puntuale applicazione del principio di conservazione del negozio giuridico ex art. 1367 c.c., ritenuto applicabile anche al testamento. 
Secondo la norma, nel dubbio, le clausole del contratto devono essere interpretate nel senso in cui possano avere un significato e produrre effetti anziché in quello secondo il quale non l'avrebbero.

La giurisprudenza che si è pronunziata sulla norma in esame (ad esempio Cass. n.12285 del 20 agosto 2002) ha posto l'attenzione proprio sulla ratio dell'articolo in oggetto, consistente appunto nel rispetto del principio generale di conservazione degli atti di ultima volontà di data anteriore, in modo che le disposizioni precedenti coesistano con le successive se non risultano con certezza incompatibili in seguito ad una indagine effettuata caso per caso.

Conformemente a questo orientamento la Suprema Corte  in una recentissima pronunzia (sentenza n.4617 del 22 marzo 2012) ha stabilito che "nell'ipotesi di più testamenti successivi, il posteriore, quando non revoca in modo espresso il precedente, annulla in questo solo le disposizioni incompatibili, in applicazione del generale principio di conservazione delle disposizioni di ultima volontà, così da circoscriverne la caducazione al riscontro, caso per caso, della sicura incompatibilità con le successive, potendosi, inoltre, ravvisare una revoca implicita dell'intero testamento precedente solo qualora non sia configurabile la sua sopravvivenza a seguito delle mutilazioni derivanti dalla suddetta incompatibilità."

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