Poniamo oggi l’attenzione su di un istituto giuridico che
rientra, forse, tra i più richiamati nel lessico comune ma di cui non tutti conoscono
abbastanza: la comunione legale, o comunemente definita comunione dei beni.
Prima di passare in rassegna la disciplina dettata dal codice civile e dalle
leggi speciali in materia è necessario operare una distinzione con l’istituto
della comunione, al quale erroneamente potrebbe collegarsi il nostro studio,
disciplinata dagli artt. 1100 ss. del codice civile. Quella che invece
costituisce oggetto della nostra trattazione è la comunione dei beni,
qualificabile nell’ambito del regime patrimoniale della famiglia e disciplinata
dagli artt. 177 ss. del codice civile, cos’ come novellati dalla L. 19 maggio1975 n° 151 (c.d. riforma del diritto di famiglia).
La comunione legale o comunione dei beni è il regime
patrimoniale legale della famiglia, in base al quale gli acquisti dei coniugi
sono resi comuni e possono essere divisi solo con lo scioglimento del
matrimonio o in altri casi previsti dalla legge. Tale regolamento diviene
operante automaticamente all’atto del matrimonio, salvo che i coniugi,
disponendo diversamente, non optino per il regime della separazione, sulla scia
del dettato dell’art. 29 della Costituzione in merito al principio di parità
dei coniugi.
La “presunzione” del regime di comunione all’atto del matrimonio,
salvo diversa pattuizione dei coniugi, all’atto stesso, rappresenta la più
importante novità introdotta nel nostro sistema giuridico dalla riforma del
diritto di famiglia; fino a quel momento, infatti, era la separazione dei beni
ad essere presunta, salvo diverso accordo.
Tralasciando le disquisizioni
dottrinali, secondo le quali la comunione sarebbe per alcuni un autonomo
soggetto di diritto, per altri una comunione vera e propria, possiamo ben
definire la comunione legale come una comunione non ordinaria poiché:
- non è universale, dal momento in cui non rientrano tra i
beni “comuni” i c.d. beni personali dei coniugi ed anche i redditi personali;
- non è necessaria, poiché è lasciata ampia libertà ai coniugi
di scegliere il regime patrimoniale a loro più favorevole;
- non è derogabile, nel senso che ciascun coniuge non può
disporre dei beni oggetto di comunione legale senza attenersi strettamente alle
regole dettate per la comunione stessa previste per legge; i beni che ne
formano oggetto vanno quindi a costituire un patrimonio separato, soggetti ad
uno statuto speciale che li distingue dagli altri beni dei singoli coniugi.
Differentemente da quanto dettato in materia di comunione
ordinaria dagli artt. 1100 ss. c.c., per quanto riguarda la comunione legale
possiamo osservare che mentre la prima può essere regolata tanto da accordi
delle parti, quanto per legge, nella seconda a dettare le regole è soltanto la
legge, disponendo, infatti, quali beni possano farne parte e quali debbano
rimanerne esclusi.
Discorso simile, in tema di differenziazione con l’istituto
omonimo, può condursi in riferimento alle quote, laddove per la comunione
ordinaria vi è possibilità di pattuizione in merito, cosa che non è
riscontrabile per quanto riguarda la comunione legale, la quale risulta
indisponibile poiché i coniugi risultano solidalmente titolari dei medesimi
diritti e delle medesime responsabilità.
Nella comunione legale, infatti,
ciascun coniuge non può disporre del suo diritto singolarmente: qualora intenda
alienare la propria quota, infatti, si dovrà procedere allo scioglimento della
comunione, la quale dovrà avvenire, a pena di nullità, mediante atto pubblico,
vale a dire attraverso l’intervento di un Notaio, con apposita convenzione
matrimoniale di separazione dei beni. Anche per quanto riguarda
l’amministrazione dei beni oggetto della comunione, questa spetta
disgiuntamente ad entrambi i coniugi, tranne che per gli atti di
amministrazione straordinaria.
Come dettato dal tenore letterale dell’art. 177 cod. civ.,
costituiscono oggetto della comunione legale:
- gli acquisti compiuti dai coniugi, insieme o separatamente,
dopo il matrimonio;
- i frutti dei beni propri dei coniugi, percepiti e non
consumati allo scioglimento della comunione;
- i proventi dell’ attività separata dai coniugi, se non
consumati allo scioglimento della comunione;
- le aziende gestite congiuntamente dai coniugi e costituite
dopo il matrimonio. Nel caso in cui l’azienda appartenesse ad uno solo dei
coniugi ma fosse gestita da entrambi, nella comunione non rientrerebbe
l’azienda nella sua totalità ma solamente gli utili e gli incrementi;
Al contrario invece, non rientrano nella comunione legale i beni cd. personali, che possono
cosi' sintetizzarsi:
- quelli di qualsiasi natura od entita' di cui fosse
proprietario antecedentemente al matrimonio uno dei due coniugi, nonché
- quei
beni su cui lo stesso fosse titolare di un diritto di godimento a qualsiasi
titolo;
- quelli che -pur in corso di matrimonio- vengano acquisiti da
uno dei due coniugi per effetto di donazione o successione, salvo il caso in
cui - nell'atto di contratto o di donazione - si voglia attribuire specificamente
il bene alla comunione;
- quelli di uso strettamente personale e i loro
accessori;
- quelli destinati all'esercizio della comunione del coniuge,
salvi i casi in cui l'azienda in cui vengono utilizzati sia in comunione dei
beni;
- quelli ottenuti a titolo di risarcimento per danni subiti
dal soggetto, nonché le pensioni attribuite in seguito alla perdita totale o
parziale di capacità lavorativa;
- gli immobili, nonché navi, aerei ed automobili che
necessitino di iscrizione in pubblici registri, se acquistati da un singolo
coniuge, si presumono di sua esclusiva proprietà, anche se effettuati dopo il
matrimonio, nel caso in cui l'esclusione di quel bene dalla comunione risulti
dall'atto di acquisto.
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